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“Le apparenze ingannano. Non tutto ciò che spaventa è malvagio, non tutto ciò che ispira fiducia è buono”. Sapkowski lo evidenzia ne “Il Guardiano degli Innocenti”, da cui è tratta la recente serie Netflix e la famosissima trilogia di giochi, in cui seguiamo le orme di un ammazza-mostri, Geralt. Il libro è una raccolta di storie che si intrecciano nello spazio e nel tempo rivelando, a poco a poco, nuovi personaggi e i loro relativi passati, elementi chiave della storia del “Lupo Bianco”.

“Sono uno strigo. Un mutante creato artificialmente. Uccido mostri. Per soldi. Difendo i bambini, quando i genitori mi pagano. Se a pagarmi saranno i genitori nilfgaardiani, difenderò i bambini nilfgaardiani. E, anche se il mondo sarà ridotto in rovina, cosa che mi sembra improbabile, ucciderò mostri sulle rovine del mondo finché uno di loro non ucciderà me”.

Nel raccontare le storie l’autore prende per mano il lettore e lo accompagna in un mondo distrutto dai secoli bui del medioevo, in cui prevalgono superstizioni, odio, pregiudizi, condizioni di vita precarie e una situazione politica in costante tramutazione, causa di continui e sanguinolenti scontri tra le regioni nemiche. A questo si mescolano magia, mostri e tutto ciò che ne consegue, che lascio il piacere di scoprire a chi sarà interessato.

Nel libro, ambientato nel 1200, Sapkowski plasma un mondo cupo, freddo e indifferente, dove la linea della neutralità tracciata da Geralt è flebile e frequentemente collide con entrambe le facce della dualità del bene e del male.

“Il male è male. Minore, maggiore, medio, è sempre lo stesso, le proporzioni sono convenzionali, i limiti cancellati. Non sono un santo eremita, non ho fatto solo del bene in vita mia. Ma, se devo scegliere tra un male e un altro, preferisco non scegliere affatto”.

Sottoposti sin da bambini a sfiancanti allenamenti, gli strighi sono eccellenti combattenti e spietati cacciatori di mostri. In tenera età sono soggetti a una straziante trasformazione indotta, alla quale solo il 30% di loro sopravvive. Questo gli conferisce abilità sovraumane che, combinate con l’allenamento ricevuto negli anni successivi, li rendono assassini molto versatili.

Non solo sono una razza in via di estinzione, ma, a causa della loro natura mutante, sono ripudiati e temuti dal popolo, dal quale sono visti come mostri innaturali alla mercé dei più potenti. Questo odio si ripercuote diverse volte sul personaggio di Geralt che, in realtà, dimostra in più di un’occasione un senso di umanità più ampio di quello di molte delle persone in cui si imbatte durante il suo cammino.

Gli umani non provano ripulsione solo per gli strighi, però: succede lo stesso con tutte le altre razze, come elfi, nani e via dicendo. Sono tutti odiati perché diversi e, anche se triste da dire, è una analogia azzeccata col mondo moderno.

Penso che “Il Guardiano degli Innocenti” sia strutturato in modo geniale e crei un terreno molto fertile per i 7 volumi successivi, di cui 6 sono romanzi e uno, proprio come questo, è una raccolta di racconti. Di conseguenza lo consiglio vivamente a chi avesse voglia di immergersi in un racconto fantasy e, perché no, lasciarsi trascinare dentro l’intera saga.

“Gli uomini amano inventare mostri e mostruosità. Così hanno l’impressione di essere loro stessi meno mostruosi. […] Allora si sentono in qualche modo il cuore più leggero. E trovano più facile vivere.”

Simone Laudani – terza informatica