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“Dio non è morto” dice Anila, nel momento di massima disperazione. E forse è stata codesta convinzione a spingere questa piccola, grande, grandissima eroina a lasciare Agades, in Niger, per arrivare in Europa. Anila ha 9 anni quando, sola, senza casa, stremata dalla fame, decide di partire per andare a trovare la sua mamma, la quale è approdata in Europa tempo prima, spinta alla fuga dalla superstizione della religione Voodoo e caduta nelle mani delle ormai note e potentissime organizzazioni criminali. Dopo aver attraversato il deserto, con una forza di volontà pari a una leonessa, e dopo essere incredibilmente sopravvissuta alle indicibili torture fisiche e morali subite nei campi di concentramento libici, Anila approda a Lampedusa e incontra l’uomo del suo destino, il dott. Pietro Bartolo, il messaggio che Dio probabilmente le vuole mandare per farle sapere che non è morto. Il dottore la vede sola e capisce che, in quelle condizioni, non sopravviverà nei centri di accoglienza e che sicuramente finirà nelle maglie delle organizzazioni criminali, potentissime sul territorio europeo: Anila è troppo piccola, ha subito troppo. Il medico di Lampedusa decide di proteggerla, di salvarla. E narra la sua storia, che sembrerebbe aver trovato un felice epilogo nell’arrivo in Sicilia e nell’incontro con la stella più luminosa di Lampedusa, ma non è così. Perché, oltre a tutto ciò che ha passato, Anila deve fare i conti con un altro mostro: la burocrazia internazionale, che impedisce il ricongiungimento con la mamma, approdata in Francia. Rocambolesco è il racconto con cui l’autore ci descrive il ritrovamento della mamma di Anila che diventa poi l’occasione per narrare un’altra epopea, un altro tragico viaggio e un epilogo, tutt’altro che felice.

Il dott. Bartolo, lungi dall’essere uno scrittore professionista, come dice lui stesso, è in grado di trasportare il lettore nell’inferno presente, reale e vivo della disperazione dei migranti e nella comprensione dei meccanismi lucidi e ben oliati della speculazione che si cela dietro ai movimenti migratori. Passando dalla descrizione degli episodi crudi e sconcertanti che ha avuto modo di conoscere personalmente, ai reportage dei mediocri cavilli burocratici, il medico degli ultimi ci chiarisce come uno dei maggiori drammi legati a questa tragedia stia proprio nella cecità dei burocrati che continuano a guardare a questo fenomeno come a un “problema di quote”, dimenticando che in quei numeri ci sono “donne che potrebbero ricordare le loro madri e bambini con cui potrebbero giocare i loro figli”.

Anila è il nuovo Marco di “Dagli Appennini alle Ande”: anche lui parte da Genova e fa un lungo viaggio in direzione dell’Argentina alla ricerca della mamma; anche quella era una storia di povertà e ricerca di un futuro migliore, una storia tutta italiana però. E come De Amicis, Bartolo ci pone di fronte al dramma di migliaia di persone, con tutte le complessità e i desideri degli altri esseri umani.

“Le stelle di Lampedusa” narra di un viaggio che non è solo quello reale di Anila e di sua madre, ma è anche il nostro viaggio, iniziatico, che ci costringe a immedesimarci in una bambina e nei suoi compagni di viaggio, di ieri e di oggi, in un lungo passaggio all’Inferno. Speriamo, come Dante, di uscirne migliori. E questa è anche la speranza del dott. Bartolo (che oggi Anila chiama “Papà”) che riesce a trasmettere, attraverso parole semplici e concrete, non solo il forte senso di pietà per le innumerevoli morti senza nome nel Mediterraneo, ma anche la tenace convinzione che, presto o tardi, qualcosa nella coscienza degli uomini possa cambiare. D’altronde “Il colore che cos’è? È un vestito, e sotto di esso, siamo tutti uguali”.

Un libro che dovrebbero leggere tutti.

Prof.ssa Silvia Piede