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In una nuova e aggiornata autobiografia, Alex Ferguson, scozzese classe ‘41, racconta la sua vita e la sua carriera nel mondo del calcio. Da giocatore era un attaccante molto vincente, e giunse a vestire la maglia dei blasonati Rangers di Glasgow. Inizia la sua carriera da allenatore nel 1974, dapprima lavora per l’East Stirlingshire poi per il St. Mirren, fino ad arrivare sulla panchina dell’Aberdeen, con cui conquista una Coppa delle Coppe. Nel 1986 fa il salto di qualità e approda al Manchester United, uno dei più importanti club al mondo. Con i Red Devils ha vinto 38 titoli, tra cui 2 Champions League, 13 campionati inglesi, 5 FA cup e un mondiale per club. Un bottino complessivo di 49 trofei fa di lui l’allenatore di maggior successo che il calcio britannico abbia mai avuto. Ha allenato parecchi fuoriclasse dal calibro di Cristiano Ronaldo, Roy Keane, Rio Ferdinand, Ruud Van Nilsterooy, Wayne Rooney e David Beckham, il quale faceva parte della cosiddetta classe del ’92, un’annata di giovani campioni cresciuti nel vivaio del Manchester United. Ha sfidato allenatori molto vincenti e “speciali” come Mourinho, Wenger e Guardiola. Alla guida dello United è riuscito a stupire tutti sia durante le partite, con rimonte e prestazioni assai degne di nota, sia durante tutta la carriera a Manchester. Tante volte infatti lo hanno dato per finito, decretando che i giocatori non fossero forti abbastanza o che lui non avesse più il suo solito carattere. Già, perché la personalità è stata la sua arma più forte, lui che da manager ha sempre comandato la squadra con efficienza, facendosi rispettare anche dai giocatori più dirompenti e dal forte carattere. Secondo lui, infatti, si poteva mantenere il controllo di una squadra e farla vincere soltanto se l’allenatore veniva riconosciuto come “il boss”, ecco perché talvolta era costretto a fare fuori giocatori molto autoritari (anche se molto forti) che rischiavano di mettere lo spogliatoio contro di lui. Nonostante abbia coronato la sua avventura allo United con innumerevoli successi non si è fermato un attimo per festeggiare: dopo la vittoria di ogni trofeo pensava subito a quello successivo, una grandiosa avidità di vittoria portata avanti fino all’ultimo campionato vinto l’anno del suo ritiro, nel 2013. I perdenti dopo una vittoria si fermano cercando di non cambiare nulla, i vincenti dopo una vittoria cambiano per vincere tutto.

Carlo Alberto Lonardi – 5 liceo A