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Biofilia è un saggio scritto nel 1984 da Edward O. Wilson, biologo statunitense e professore di Harvard, recentemente scomparso dopo una vita professionale e privata perennemente a contatto con la natura. Per le sue spiccate doti divulgative e scientifiche è stato insignito per ben due volte del Premio Pulitzer per la saggistica. In questa sua opera, divenuta nel tempo un classico per generazioni di scienziati, definisce il concetto di biofilia, ovvero la tendenza innata dell’uomo a concentrare il proprio interesse sulla vita e sui processi che la contraddistinguono. Fin dalla più tenera età sentiamo un legame profondo e una certa curiosità nei confronti del mondo naturale, una vera e propria passione per la vita che troppo spesso, durante l’età adulta, si assopisce, anestetizzata dai rumori e dalla frenesia dell’ambiente urbano. Non occorre avventurarsi nelle foreste pluviali di mezzo mondo esplorate da Wilson nell’arco della sua vita, per sentire questo intimo legame con la natura; è sufficiente passeggiare nei boschi vicino a casa o salire lungo un pendio alpino per avere il cuore pieno di gioia e gli occhi ricolmi di meraviglia. La sensazione di stupore cresce inoltre con la conoscenza delle innumerevoli specie che volteggiano in cielo o si nascondono nel microcosmo di un comune prato. I pappagalli in gabbia, un acquario, gli animali domestici, le piante in vaso non possono saziare la nostra costante ricerca del mondo naturale, la nostra vera casa. L’autore termina il proprio saggio con una profonda riflessione sull’etica della conservazione, tema che svilupperà ulteriormente in altre sue pubblicazioni quali Il futuro della vita e La diversità della vita. Il vero nucleo del problema risiede nella nostra totale incapacità di percepire eventuali minacce che si possono manifestare a medio-lungo termine. Da qui nasce l’inettitudine di chi non arriva a comprendere la tragicità della costante estinzione di specie viventi. Wilson sostiene che l’unico modo per portare questa tematica all’attenzione dell’opinione pubblica sia considerare la biodiversità, termine da lui coniato, come un patrimonio di immenso valore, in grado di fornire nell’immediato futuro risorse fondamentali dal punto di vista alimentare e sostanze utili per l’industria farmaceutica. Si può immaginare che ogni specie vivente sia come un libro di una sconfinata biblioteca che custodisce un immenso sapere che va preservato e condiviso per il bene dell’umanità e dell’intera biosfera. Ciascun libro è un capolavoro, unico nel suo genere, che attende solo di essere letto!

                                                                                                                                                                                         Prof. Matteo Negro