
“Paolo Borsellino scrive ai ragazzi” è una raccolta di discorsi, lettere e pensieri del magistrato Paolo Borsellino, una delle figure più eroiche e tragiche della lotta alla mafia. Ucciso il 19 luglio 1992, insieme alla sua scorta, Borsellino aveva fatto della lotta alla criminalità organizzata una missione di vita, consapevole dei rischi ma anche della necessità di non arrendersi mai. Nel libro, Borsellino si rivolge direttamente ai giovani, cercando di trasmettere i valori fondamentali della legalità, del coraggio civile, dell’impegno quotidiano contro ogni forma di ingiustizia. Attraverso le sue parole emerge un forte invito a non essere spettatori passivi, ma protagonisti di un cambiamento culturale e sociale che parte dal rispetto delle regole e dalla difesa della dignità umana.
“Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola”. Queste celebri parole pronunciate da Borsellino vengono citate dal libro quando si parla del trasferimento di Falcone e Borsellino nell’isola dell’Asinara, in Sardegna, diventata parco nazionale nel 2002. Viene visitata ogni anno da migliaia di giovani e turisti che possono leggere la targa che ricorda la presenza dei magistrati nell’estate del 1985, aperta da questa celebre frase di Borsellino. A causa della situazione tesa per colpa di un possibile attentato, i due magistrati si sono dovuti trasferire senza preavviso con le loro famiglie in un posto a loro sconosciuto. Questa affermazione, durissima e al tempo stesso piena di dignità, riassume il sacrificio personale dei due uomini. Mi ha fatto riflettere molto su quanto sia importante avere ideali forti e essere disposti a difenderli anche a costo della propria sicurezza personale. È un pensiero che spaventa, ma anche che dà speranza: ci mostra che cambiare il mondo è possibile, se si è disposti a pagare il prezzo della coerenza e del coraggio. Con Borsellino, ho sentito quanto sia importante l’impegno personale, quanto ogni nostra scelta, anche la più piccola, contribuisca a costruire un mondo più giusto o a mantenerlo ingiusto. Mi ha colpito molto anche l’idea che la lotta alla mafia sia una “battaglia culturale” e non solo giudiziaria. Non basta che i magistrati e le forze dell’ordine facciano il loro lavoro: è necessario che ciascuno di noi faccia la propria parte, vivendo ogni giorno secondo i valori della legalità, dell’onestà e del coraggio.
Francesca Ribolzi – 3 liceo A