«Questo non è un libro, ma un’azione: l’ultima azione di 112 condannati a morte i quali conclusero la loro parte di lotta nei seicento giorni della Resistenza italiana comunicando ai familiari o ai compagni un’estrema notizia di sé, un addio, un mandato. Ed è un’azione che ne apre un’altra, che si trasferisce dai morenti ai superstiti, con la sua eccezionale elevatezza morale». Franco Antonicelli, letterato e poeta, presentava così nel 1973 questo saggio di Einaudi, con parole attuali ancora oggi. I curatori hanno svolto un minuzioso lavoro di ricerca per documentare nel miglior modo possibile esperienze di individui appartenenti a ceti sociali differenti, catturati e uccisi nei luoghi e nelle condizioni di lotta più diversi. E così si possono leggere gli ultimi pensieri di Giordano Cavestro, studente di 18 anni, che incoraggia i suoi compagni perché «siamo alla fine di tutti i mali» e perché tocca a loro «rifare questa povera Italia che è così bella, che ha un sole così caldo, le mamme così buone e le ragazze così care». Sono presenti anche le ultime raccomandazioni alla figlia di Paola Garelli, pettinatrice di 28 anni: «Mimma cara, la tua mamma se ne va pensandoti e amandoti. Io sono tranquilla. Non devi piangere né vergognarti per me. Ti chiedo una cosa sola: studia, io ti proteggerò dal cielo». Si possono scoprire tutto l’affetto e la grandezza di Paolo Braccini, docente universitario di 36 anni, che si congeda in modo commovente dalla figlia Gianna e dalla moglie attraverso lettere cariche d’amore e di speranza: «il mondo migliorerà, siatene certe: e se per questo è stata necessaria la mia vita, sarete benedette». Un saggio fondamentale per ricordarci che la Resistenza ha coinvolto l’Italia in modo trasversale, dai più anziani ai più giovani, dai più ricchi ai più poveri, tanto gli uomini quanto le donne. Partigiani, sì, ma ancor prima persone.
Prof. Alessandro Antonioli