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La giovane scrittrice, Viola Ardone, nata a Napoli nel 1974, è anche insegnante di italiano e latino nei licei.
Questo romanzo ha avuto grande successo alla Fiera di Francoforte ed è in corso di traduzione in ben 27 lingue. La Ardone, attraverso un attento studio di fonti storiche e racconti orali, ha ricostruito una cornice storica del 1946. Siamo a Napoli e, in questa realtà, si proietta tutta la questione meridionale del dopoguerra.
L’ idea di scrivere questo romanzo è seguita al racconto di un uomo anziano che, da piccolo, era salito su un treno speciale, accompagnato dalla madre, per andare nel nord Italia a vivere un periodo di vita migliore in cui non mancassero cibo, vestiti, scarpe. Era un treno pieno di bambini che, dal finestrino, salutavano le loro madri che, coraggiosamente, accettavano la lontananza per evitare loro la miseria.
È uno spaccato di storia che i testi scolastici ormai obsoleti non propongono ma molto importante, invece, per far capire ai nostri giovani come l’attuale migrazione verso le nostre coste sia dettata dalla disperazione e le vere eroine siano proprio le madri, pronte a tutto per salvare i loro figli. In Italia negli anni che vanno dal ’45 al ’52, il partito comunista con l’Unione delle donne italiane, aveva organizzato questi treni speciali per i bambini del Mezzogiorno affinché superassero le difficoltà dell’inverno in una famiglia del nord. Si parla di circa 70.000 bambini. Autori come Ermanno Rea, la Ortese hanno documentato questo periodo storico. Il protagonista è Amerigo, un bambino di sette anni e mezzo che vive solo con la madre e che non ha mai conosciuto il padre. Vive in un tugurio di un vicolo dei quartieri spagnoli. Aveva un fratello, Luigino, di tre anni più grande, morto di asma bronchiale. “Mia mamma dice che cammino storto. Non è colpa mia. Sono le scarpe degli altri”.
Con altri due bambini del quartiere, Amerigo inizia le sue avventure ospite di una famiglia a Modena, dove la “normalità’” al piccolo sembra un vero paradiso. L’autrice usa, nei dialoghi dei personaggi, la lingua melodica del quartiere Sanità che era anche quella del grande Edoardo.
Si adatta benissimo ad un romanzo armonico, dove trionfano i buoni sentimenti che, poi, sono sempre quelli dei più umili che riescono, nel dolore, a conquistare la saggezza: “C’è molto tempo davanti a me, ma non ho fretta, il viaggio più lungo l’ho già fatto: ho dovuto percorrere a ritroso tutta la strada fino a te, mamma”

prof.ssa Maura Giannattasio