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Viviamo un momento storico in cui l’essenza dell’Europa è da molti messa in discussione: percepita come un’entità lontana, inutile se non addirittura ostile. Nello stesso tempo le nazioni tendono a ripiegarsi su se stesse, alzano steccati, disposte a compromettere le conquiste democratiche nel nome della paura e dell’interesse economico. Paolo Rumiz ci invita allora a volgere lo sguardo a San Benedetto, che dell’Europa è il santo patrono: partendo dalla statua del santo a Norcia, dalle rovine del terremoto che ancora sfregiano il territorio, prende per mano il lettore e lo accompagna in un viaggio che attraversa l’Italia per approdare in Francia, Svizzera, Germania, Belgio, Ungheria. Ogni tappa ha come destinazione un monastero benedettino, occasione per riflettere come in ogni parte d’Europa la Regola abbia saputo declinarsi nel pieno rispetto dell’identità culturale ed anche – verrebbe da dire – ambientale dei singoli paesi, in uno scambio fecondo tra uomo, natura, cultura e fede. Ogni tappa è legata da un filo che unisce i monasteri tra loro e nello stesso tempo tesse una trama su cui si disegna l’immagine dell’Europa. È commovente pensare che tutto questo accadeva negli anni seguenti la caduta dell’Impero Romano, epoca di anarchia, violenza e devastazione. La forza dei seguaci di Benedetto diventa, allora, speranza per noi che oggi guardiamo con perplessità ad un’Europa chiusa, materialista, scricchiolante: la speranza che possa esistere “un’altra Europa, giovane e appassionata, che sogna, viaggia, lavora, resiste, combatte. Un’Europa che si fa carico del proprio destino e non scarica sugli Ultimi le colpe della crisi”. “Il filo infinito” è un libro colto, preciso, a tratti difficile: come tutti quei libri che ci spostano dalle idee pre-confezionate e invitano a scavare dentro i fatti di oggi e di ieri. Ed è un libro carico di energia, l’energia di chi viaggia e si confronta, di chi apprezza la bellezza nelle persone e nelle cose, di chi non ha paura di guardare in faccia le difficoltà, ma nello stesso tempo è convinto che si possa e si debba trarre dal buono del passato la forza per migliorare il futuro.

Cristina Gottero, mamma di Sara Giambuzzi – 2 media E