Professore ordinario al Politecnico di Torino, dove dirige il Centro Nexa su Internet e Società, e Faculty Associate alla Harvard University, Juan Carlos De Martin ha recentemente pubblicato un volume, istruttivo e stimolante, Contro lo smartphone. Si tratta, in verità, di un libro sullo smartphone: sulla sua diffusione, le sue caratteristiche, le sue conseguenze. A partire dalla constatazione che questo dispositivo, che oltre la metà della popolazione globale utilizza parecchie ore al giorno per svolgere attività che lo rendono una sorta di protesi dell’anatomia umana, si sta rivelando in molte parti del mondo – certamente in quella in cui viviamo – un oggetto necessario. Senza uno smartphone è infatti ormai assai difficile, se non impossibile, svolgere alcune operazioni indispensabili alla nostra quotidianità. Eppure, di questa macchina così essenziale, che per molti versi crea dipendenza, sappiamo di solito poco o nulla: è una “entità opaca” di cui abbiamo scarsissima cognizione, gestita da un duopolio (Apple/Android) le cui politiche aziendali non sono affatto trasparenti. Scopo fondamentale e principale merito del volume è rendere le lettrici e i lettori più consapevoli di alcune implicazioni generalmente taciute, a partire dalle condizioni materiali della produzione, che inizia con lo sfruttamento del lavoro, in particolare in Africa e in Cina, e termina con il problema dello smaltimento di miliardi di dispositivi che producono uno spropositato impatto ambientale. Non meno controverso è il rapporto con il flusso delle informazioni: da un lato lo smartphone è oggi il principale accesso alla conoscenza, la nostra finestra spalancata sul mondo, dall’altro è un ricettore di dati, anche strettamente personali, che mette a serio rischio la privacy degli utenti. Ma – si chiede De Martin – “è inevitabile che le cose stiano così?”. Esiste in realtà un’alternativa – un “altro smartphone possibile” – che l’autore descrive articolando nell’ultima parte del libro un manifesto in venti punti per un uso più responsabile, una tecnologia più democratica, un mercato eticamente più sostenibile.
Prof. Diego Guzzi