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“Anime scalze” di Fabio Geda, è un bellissimo brivido che scorre lungo la schiena dei lettori. La storia di Ercole commuove, scuote ed emoziona e le lacrime scendono spontaneamente.

Ercole e Asia sono due giovani fratelli che devono crescere in fretta: la madre se n’è andata e il padre non sa badare a se stesso, tantomeno a loro. Vivono in una Torino popolare, una città caotica, affollata, ma dove tutti sono soli. Dietro la porta di casa si nascondono tragedie chiuse all’interno delle mura domestiche e che in casa vanno gestite e affrontate, senza l’aiuto di nessuno. E Asia ed Ercole fanno proprio questo: diventano genitori del proprio padre e cercano di tenere insieme i pezzi di una famiglia che tale non è.

Ma poi crolla tutto: il mondo di Ercole, costituito da pochissime certezze, va in frantumi e da lì, da quel momento, prova e resistere, a sopravvivere, a continuare a respirare, perché è un adolescente e la vita va vissuta in qualche modo.

Ercole purtroppo è l’emblema di tanti ragazzi che vivono nella grandi città: è un adulto perché si assume delle responsabilità genitoriali nei confronti del padre, è un ragazzo che ama teneramente Viola, ma è anche un bambino che vede i mostri nelle fessure delle pareti e cerca la mamma. Lui e sua sorella Asia sono le autentiche “anime scalze”, figli di genitori inadatti, lasciati a se stessi e privi di strumenti che proprio la famiglia dovrebbe fornire loro. Ercole vaga per le vie di Torino, solo, viaggia sui pullman senza una meta precisa, per fuggire senza sapere dove o forse solo per scaldarsi perché non ha abbastanza soldi per andare in un bar a consumare qualcosa di caldo.

Sono tanti i ragazzi in queste condizioni a Torino e in tante altre città: Geda, da educatore quale è, lo sa e mette il lettore di fronte a una situazione che tutti conoscono ma pochi considerano. Non a caso, infatti, i giovani nel romanzo, non parlano con i loro genitori, né questi fanno nulla per cercare un dialogo con i propri figli: le parole smuovono il dolore e allora è più facile fare finta di niente e guardare avanti. La normalità diventa una difesa e fa quasi da anestetizzante ai dispiaceri. Nonostante questo, Ercole non dà mai un giudizio drastico sui suoi genitori, anzi li accetta per quello che sono, perché sa che la vita è complicata ed è consapevole che anche gli adulti  spesso non sanno come affrontarla e piegano il capo, con le mani nei capelli, di fronte a problemi che sono come mostri nelle crepe dei muri. Perché oltre ai ragazzini viziati, a quelli che vandalizzano i mezzi pubblici, a quelli che fanno i capricci per il cellulare nuovo, esistono adolescenti che sono già stati messi all’angolo dalla vita e l’unica cosa che possono fare è sostituirsi a una generazione di genitori inadatti e impreparati. Geda ci invita a fare questo: a guardare oltre alla copertina che i media vogliono dare dei ragazzi e a comprendere che i giovani hanno dentro di sé oceani di potenzialità inespresse.

La lettura del romanzo è veloce, semplice, molto coinvolgente. Uno scrittore è abile quando trasmette pensieri e parole, ma è magistrale quando sa rendere il silenzio e il senso di vuoto e Geda è proprio questo.

Soprattutto emerge un amore sincero e totalizzante per Torino, descritta nei suoi angoli più popolari e meno conosciuti, con le sue zone d’ombra, ma con quella bellezza ineffabile come quella della brina cristallina, delle mattine d’autunno inoltrato, sui ponti sul Po.

“Anime scalze” è un atto d’amore verso i nostri figli, è un’ode alla capitale sabauda, è un elogio alla tenerezza. Non a caso Viola ed Ercole si innamorano al cimitero: un po’ come a dire che dalla fine di tutto può nascere un nuovo inizio.

Prof.ssa Silvia Piede