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“Non scommetterei su grandi vendite, per questo libro”.  Con questa parole, Eric Blair, meglio noto come George Orwell, descriveva la sua opera più famosa: “1984”. 1984 è il risultato della rabbia di una persona delusa da quello che gli sta accadendo intorno. Orwell, infatti, scrisse il libro nel 1948, a tre anni dalla fine della seconda guerra mondiale, conflitto che egli stesso visse in prima persona, denunciando quei regimi dittatoriali che ancora esistevano. Nel libro si parla di Winston Smith, un uomo che non riesce ad accettare passivamente quello che succede intorno a lui, ma è obbligato a farlo non senza qualche difficoltà, come lui stesso fa intendere dalle poche frasi che scrive sul suo diario durante tutto il libro. È molto difficile parlare della trama di 1984 senza toccare particolari che svelerebbero l’esito della storia, anche se questo è molto complicato da intuire. Il libro è diviso in tre parti, e ognuna di esse contiene moltissimi messaggi di natura politica e sociale. Man mano che si procede con la lettura, l’intensità dei contenuti aumenta. Leggere questo libro è come aprire gli occhi sulla società di un tempo, ma, ahimè, anche su quella attuale, malgrado l’autore non sia nostro contemporaneo. Il libro, per l’appunto, descrive quello che per Orwell sarebbe stato il 1984: un futuro per lui lontano. L’ultima parte sarà faticosa da leggere, non perché scritta male, anzi, ma perché il contenuto è quasi doloroso, talmente realistico e crudo che la lettura è paragonabile al ricevere un pugno nello stomaco. Finito il libro sarà difficile non affezionarcisi, poiché si tratta di una storia impossibile da dimenticare e da accettare. Proprio per il suo messaggio, trovo 1984, oltre che un ottimo libro, un must read, da leggere il prima possibile.

 

Davide Salerno – 1 liceo A