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“Maria ho perso l’anima! Aiutami madonnina mia!”

Ecco l’incipit di questo bellissimo romanzo di Daniele Mencarelli, uno dei dodici finalisti al premio Strega 2020. L’autore nasce come poeta e la scrittura è sempre stata per lui l’espressione più alta e vera di ciò che ciascuno di noi deve rielaborare. Già la copertina carpisce la nostra attenzione: é la foto di un ragazzo bipolare, fratello della stessa fotografa, aggrappato su se stesso come una scultura. L’essere umano può, talvolta, perdere l’anima, ciò lo rende senza pace, per questo motivo ha bisogno di “compassione”, nel senso etimologico del termine, condividere le passioni. È un romanzo autobiografico: l’autore nel ’94 è stato sottoposto ad una settimana di TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) e il protagonista, Daniele, ritrova nella compagnia dei suoi cinque compagni di stanza la speranza. Inizialmente si parte da uno stato di disperazione e il protagonista si aggrappa alla speranza, vivendo il dramma di un internamento in un reparto psichiatrico dove, inizialmente, è difficile parlare. Daniele sente una rabbia enorme ma c’è in lui la necessità della “parola”, per condividere il suo peso. Sette giornate lunghissime ma, dal terrore inziale, trova la salvezza. Un giorno apre l’armadietto, prende il suo quaderno e inizia a scrivere. La parola, per lui, è l’ancora di salvezza, si aggrappa a ciò per dimostrare di non essere pazzo e la parola con la pratica della scrittura, gli fa ritrovare la salvezza. È un romanzo che pone tante domande sulla storia personale di ognuno di noi. Spesso oggi, a chi affronta temi esistenziali non si risponde con la parola. che si può manifestare attraverso la filosofia, la letteratura, la fede, ma con la medicina. Il protagonista sente una libertà che gli viene negata; nel ’94 c’erano i Mondiali di Calcio che aveva progettato di vedere con gli amici, esplode il caldo e, tutto questo, rende molto più difficile l’internamento. L’autore dà alle parole come alla preghiera, come diceva Pasolini “Sii prete di te stesso“.

Nella conclusione del romanzo, Mencarelli dà sfogo a versi bellissimi: “Per i vivi e i morti, salvezza. Salvezza per Mario, Gianluca, Giorgio, Alessandro, e madonnina. Per i pazzi, di tutti i tempi, ingoiati dai manicomi della storia”

Non significa, però, rifiutare la scienza, ma farla interagire con il dialogo. A prova di questo, l’autore, al primo posto fra i ringraziamenti metterà proprio i medici che “In ogni parte del mondo, mettono la scienza in mano all’amore”. Riflessione più che mai attuale in questo periodo.

 

Prof.ssa Maura Giannattasio